Le
matasse così ricavate venivano attorcigliate a treccia.
A questo punto la canapa era pronta per la filatura. Quindi venivano filate con una
roche (rocca) e
füs (fuso)
o con il filarél (filatoio
orizzontale
o verticale)
. A questo
punto il filato era cotto a lungo con la cenere e disteso al sole ad
asciugare; dopo questo procedimento il filo prendeva il caratteristico
color bianco e diventava assai più chiara e più morbida,
pronta quindi per la tessitura.
Lavate ed
asciugate, le matasse erano ridotte con la badèrle
(l'arcolaio) in gomitoli pronti per essere
portati al telaio. Ma prima di passare al telaio occorreva preparare
l'ordito, ol ordì, cioè la stesura dei fili intrecciati sul
telaio in senso verticale. Per questa operazione era necessario
l'orditòor,
l'orditoio, un
strumento che permetteva di
preparare l'ordito. Preparato l'ordito, questo era sottoposto
all'operazione chiamata imbosmà, che consisteva nel passarci
sopra una particolare pasta di crusca e sugna di maiale, la bozzima, che rendeva i
fili più elastici e resistenti. A questo punto si procedeva a ol
trâ ént con la spoleta, cioè al completamento del
tessuto con fili orizzontali.
Dalla tessitura al telaio, curato all'interno dei nuclei familiare, si otteneva
una tela che era larga circa 60 centimetri e lunga fino a 40 metri (pezze).
Con la canapa come ordì e la lana come ol tra dent si
tesseva il mézzalan, un tessuto robusto usato per il vestidél,
per i calzoni e per le coperte. La tela, lavata e
sbiancata ed esposta al sole per parecchi giorni, era anche adatta per
confezionare lenzuola, biancheria e tessuti per la casa. Per la
tintura, soprattutto del mézzalan,
la stoffa era portata al terciorii,
che si trovava prima a Margno e poi a Introbio. |