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In questa come in altre zone, le castagne venivano consumate subito bollite o cotte sul fuoco con la padèle del buur. Quelle che non venivano consumate subito erano fatte essiccare sui solai ben arieggiati oppure nel metato, la graa.
La graa  era una piccola baita (o un pezzo di baita) in apparenza come tante intorno, con un alto locale diviso a metà da un pavimento formato da un graticcio, di qui il nome graa, sul quale era posto un grosso strato di castagne che raggiungeva 30/40 cm di spessore.
 L’essiccamento avveniva in questo modo: nella parte inferiore del locale c’era un braciere dentro il quale si mettevano a bruciare grossi ceppi mescolati alle bucce secche delle castagne dell’anno precedente. Tutto questo provocava una gran quantità di fumo che all’inizio faceva "sudare" le castagne e poi le faceva seccare.
Era un'operazione piuttosto difficile perché occorreva girare spesso i frutti per non farli seccare troppo. Il fuoco inoltre doveva funzionare regolarmente e produrre fumo per dare alle castagne il giusto aroma.
 Se si sviluppava una fiamma troppo alta le castagne seccavano; se, al contrario, il calore era troppo scarso, le castagne non essiccavano bene e rischiavano di ammuffire nel corso dell’inverno.
Ci volevano sempre 20/30 giorni per farle asciugare bene.
Alcune persone, quelle che ne avevano tante, le facevano seccare subito impiegando un mese, un mese e mezzo perché dovevano poi metterne altre. Dopo l’essiccatura le castagne o erano battute  subito o si lasciavano nella graa fino a primavera.

Dopo circa un mese  si procedeva alla battitura delle castagne tolte dalla graa. Radunati intorno ad un grande ceppo o vicino ai gradine della abitazione,  i proprietari delle castagne cominciavano ad infilarle in speciali sacchi de tele de ca, tessuti appositamente con canapa grossa affinché fossero più robusti possibile.
 Erano stretti e lunghi 60/70 centimetri, si riempivano a metà poi, uno per mano, venivano battuti sul ceppo o sui gradini con movimenti ritmici da tutti i partecipanti.
Dopo una decina di minuti i sacchetti venivano svuotati e si procedeva all’altra importante operazione: la vagliatura. Con il val, una specie di largo ventaglio di legni intrecciati, venivano eliminate le bucce con un’operazione faticosa e monotona.
Altre donne intanto rammendavano i sacchetti di canapa che, nonostante la loro robustezza, si rompevano spesso. Terminata l’operazione di vagliatura doveva presentarsi senza la pellicina che avvolge i frutti e questo significava che il lavoro era stato fatto bene.
Ma non sempre si usava battere le castagne con i sacchetti di tela di canapa. A volte si usava un grosso ceppo di castagno scavato al centro a mo’ di mortaio: il pesta castegn. Le castagne venivano quindi pestate con un apposito pestello, in fondo al quale erano conficcati dei chiodi che servivano appunto a rompere il guscio delle castagne.   Terminata la battitura le castagne si passavano quindi al ventilabro, mulinel, o vagliate con il val. Il vaglio veniva usato dalle donne che, con abilità, lo agitavano con brevi e rapidi movimenti ritmici in alto e in basso, a destra e a sinistra. 
Dopo la vagliatura seguiva un’ultima operazione: la cernita 
La cernita era l'ultima operazione eseguita, in genere, dalle donne. Le castagne venivano passate in appositi setacci  a trame differenti per ripulirle definitivamente dai residui; inoltre si toglievano quelle marce o intaccate dal verme che venivano date ai maiali o, bollite, alle mucche. C'erano poi quelle che avevano ancora il guscio o la pellicina interna e dovevano perciò essere battute un'altra volta. Infine si mettevano da parte, riposte in apposite cassapanche, quelle bianche e grosse. Anche queste erano divise in due parti a seconda della pezzatura in quanto quelle più grosse impiegavano più tempo a bollire.