Durante il periodo della dominazione
spagnola, approfittando della inettitudine del governo, poche
potenti famiglie (i Manzoni, a cui apparteneva l'autore dei
Promessi Sposi, gli Arrigoni, i Fondra e i Mornico)
concentrarono nelle loro mani il possesso delle minire e dei
forni fusori, ma l'attività ristagnò per anni.
La
siderurgia della Valsassina riprese vigore solo con la dominazione
austriaca dell'imperatrice Maria Teresa e
successivamente del figlio Giuseppe II. Forni fusori vennero
via via perfezionati per aumentarne la produttività.
Vennero stabiliti premi per la scoperta di nuovi filoni
metalliferi; furono aboliti i dazi
interni e si potenziarono le vie di comunicazione ( la cosiddetta "strada di Maria Teresa" che porta alle
miniere conserva ancora alcuni ponti ad arco in pietra);
furono decretati contributi per l'impianto di nuovi forni e
officine e si incoraggiò anche la ricerca di carbon
fossile, ormai necessario per ottenere nei forni temperature
sempre più elevate. Alla fine del 1789, Giuseppe II emanò
una norma con cui venivano avocate allo stato le concessioni
minerarie, mentre ai ricercatori e e agli imprenditori veniva
data ogni facilitazione per l'avvio delle attività. Ma
nonostante questi illuminati interventi, l'attività
mineraria conobbe un irreversibile declino. L'insufficienza
del materiale estratto, la mancanza di carbon fossile, la
concorrenza interna e internazionale portarono all'abbandono
graduale delle attività in questa area. Dalle miniere
dell'alta Val Varrone, intorno al 1870,
grazie alla attività della ditta Rubini e Scalini di Dongo, ancora veniva estratto
materiale che era però portato a Bellano e da qui a
Dongo, dove
era sorto un polo siderurgico.
Ormai l'attività siderurgica e metallurgica si era
definitivamente spostata a Lecco. In un primo momento si
localizzò
in una fascia
di comuni a nord di Lecco attraversati dal corso del torrente
Gerenzone (all'epoca
dell'Unità d'Italia si contavano ben 153 stabilmenti,
concentrati in questa zona) e in seguito, espandendosi in altre
aree della città, cominciò a strutturarsi come "area-sistema"
(produzione di acciaio, trafilatoi, laminatoi, forgiatura e produzione di
attrezzi vari) adeguandosi con dinamismo ai veloci mutamenti del quadro
economico-politico. Nel 1850
viene fondata la "Giuseppe Badoni & Comp.",
dalla collaborazione tra la famiglia lecchese Badoni e Giorgio
Enrico Falck. Nel 1873
veniva fondata la Società Laminatoio in Malavedo: promotori
sempre Giorgio Enrico Falck e due famiglie di trafilieri,
Bolis e Redaelli. Nel
1896, per fornire materia prima a prezzo economico, viene
fondata la Società Anonima Ferriere del Caleotto, che
costituirà uno dei maggiori fulcri dell'economia della
città.
La diffusione
dei forni sempre più moderni, l'introduzione della torba
e del coke quale combustibile in sostituzione del carbone di legna,
il riutilizzo del rottame come materia prima,
la diffusione di processi meccanizzati in molte fasi della
produzione, misero definitivamente fuori gioco la produzione
valsassinese.
Se l'attività estrattiva e siderurgica scompare in Valsassina
e nell'alta Val Varrone alla fine dell XIX secolo, la lavorazione
del ferro continuerà permettendo addirittura lo sviluppo di
centri di produzioni fortemente specializzati (forbici e
coltelli) come quello di Premana, un paese di montagna
(1000 m. di altitudine) che è il più grande produttore di
articoli da taglio in Italia e uno dei maggiori del mondo.
LA
LAVORAZIONE DEL FERRO A PREMANA
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