Nell'alta Val Varrone le miniere coprono un'ampia area che va da Foppagrande al Lago d'Inferno. Si tratta di giacimenti posti in rocce diverse. La mineralizzazione è costituita da siderite, ematite, barite e quarzo talvolta in notevole quantità vi sono anche tracce di calcopirite. ll minerale si trovava soprattutto nell'alta Val Varrone, in Artino e presso il lago di Sasso, in val Biandino. La valle è interessata dalla presenza di numerosissime gallerie e cunicoli, in massima parte crollati, sentieri, mulattiere e resti di baite e di strutture per la lavorazione del materiale. Le miniere appartenevano ad influenti famiglie della zona (Arrigoni, Mornico, Denti, Pino) proprietarie anche dei forni fusori. Come si sia formata la proprietà di queste è tuttora oscuro. I documenti più antichi parlano di una complessa situazione per cui in una stessa miniera vari sono i proprietari con svariate frazioni di proprietà. Le miniere spesso prendevano il nome dai proprietari, così si conosce per esempio il nome dell'Arrigona o della Pina sul monte di Artino, presso Premana. La presenza soprattutto di siderite diede quindi avvio ad una attività siderurgica, che fu fiorente soprattutto dal XII alla fine del XVIII. Con la prima metà dell'Ottocento, in piena rivoluzione industriale, la concorrenza nazionale e internazionale, l'avvento del carbone coke e l'uso della forza a vapore determinarono il crollo della siderurgia di questa area e il conseguente abbandono delle miniere. Una ripresa della attività estrattiva avvenne intorno al 1870 ma fu di breve periodo. In epoca fascista, nel quadro della politica autarchica, furono riprese ricerche e assaggi ma senza alcun ripristino delle attività. Per raggiungere la zona delle miniere nell'Alta Val Varrone, partendo da Premana, bisogna percorrere la mulattiera che conduce fino al rifugio Casera Vecchia. Le miniere sono localizzate anche in prossimità dell'alpe Forno, che prende questo nome proprio per la presenza di uno dei tanti forni fusori della zona, il forno della Soglia.