La vocazione all'industria del ferro in questo territorio risale a tempi remoti. Un'antica tradizione vuole che i Romani facessero estrarre il minerale da colonie di Insubri, confinati a Premana dopo la sconfitta. Comunque sia, gli elementi che hanno favorito la nascita precoce di questa attività estrattiva sono molteplici e diversificati nel tempo. Tuttavia possono essere sintetizzati in alcuni punti chiave:
- la presenza in alta Valvarrone e in Valsassina (Val Biandino) di vene metallifere, soprattutto siderite;
- un patrimonio boschivo in grado di alimentare con il carbone di legna i forni fusori;
- l'abbondanza di corsi d'acqua da cui trarre l'energia motrice necessaria al funzionamento delle prime macchine;
- la vicinanza della piazza commerciale di Milano.
E' , infatti, proprio sotto la dominazione delle casate dei Visconti e degli Sforza che l'attività estrattiva in Valsassina conosce un forte impulso. Perduti i territori bresciano e bergamasco nelle guerre con Venezia, la nobiltà milanese si rivolse infatti alle ricchezze minerarie della Val Varrone e della Valsassina per l'approvvigionamento delle imprese che si dedicavano alla produzione di armi. Vengono costruiti nuovi forni fusori e le prime officine in valle. Parallelamente anche nel territorio lecchese cominciarono a strutturarsi le prime specifiche realtà rivolte alla lavorazione dei metalli.
A cavallo tra i secoli XV e XVI, anche il genio di Leonardo da Vinci, che visitò la Valsassina, contribuì a fornire idee per questo processo di sviluppo, con la progettazione di ingegnosi macchinari a motrice idraulica e una innovativa serie di studi per dinamicizzare l'intero territorio progettando la navigabilità dell'Adda tra Lecco e Milano.Durante il periodo della dominazione spagnola, approfittando della inettitudine del governo, poche potenti famiglie (i Manzoni, a cui apparteneva l'autore dei Promessi Sposi, gli Arrigoni, i Fondra e i Mornico) concentrarono nelle loro mani il possesso delle minire e dei forni fusori, ma l'attività ristagnò per anni.
La siderurgia della Valsassina riprese vigore solo con la dominazione austriaca dell'imperatrice Maria Teresa e successivamente del figlio Giuseppe II. Forni fusori vennero via via perfezionati per aumentarne la produttività. Vennero stabiliti premi per la scoperta di nuovi filoni metalliferi; furono aboliti i dazi interni e si potenziarono le vie di comunicazione ( la cosiddetta "strada di Maria Teresa" che porta alle miniere conserva ancora alcuni ponti ad arco in pietra); furono decretati contributi per l'impianto di nuovi forni e officine e si incoraggiò anche la ricerca di carbon fossile, ormai necessario per ottenere nei forni temperature sempre più elevate. Alla fine del 1789, Giuseppe II emanò una norma con cui venivano avocate allo stato le concessioni minerarie, mentre ai ricercatori e e agli imprenditori veniva data ogni facilitazione per l'avvio delle attività. Ma nonostante questi illuminati interventi, l'attività mineraria conobbe un irreversibile declino. L'insufficienza del materiale estratto, la mancanza di carbon fossile, la concorrenza interna e internazionale portarono all'abbandono graduale delle attività in questa area. Dalle miniere dell'alta Val Varrone, intorno al 1870, grazie alla attività della ditta Rubini e Scalini di Dongo, ancora veniva estratto materiale che era però portato a Bellano e da qui a Dongo, dove era sorto un polo siderurgico.
Ormai l'attività siderurgica e metallurgica si era definitivamente spostata a Lecco. In un primo momento si localizzò in una fascia di comuni a nord di Lecco attraversati dal corso del torrente Gerenzone (all'epoca dell'Unità d'Italia si contavano ben 153 stabilmenti, concentrati in questa zona) e in seguito, espandendosi in altre aree della città, cominciò a strutturarsi come "area-sistema" (produzione di acciaio, trafilatoi, laminatoi, forgiatura e produzione di attrezzi vari) adeguandosi con dinamismo ai veloci mutamenti del quadro economico-politico. Nel 1850 viene fondata la "Giuseppe Badoni & Comp.", dalla collaborazione tra la famiglia lecchese Badoni e Giorgio Enrico Falck. Nel 1873 veniva fondata la Società Laminatoio in Malavedo: promotori sempre Giorgio Enrico Falck e due famiglie di trafilieri, Bolis e Redaelli. Nel 1896, per fornire materia prima a prezzo economico, viene fondata la Società Anonima Ferriere del Caleotto, che costituirà uno dei maggiori fulcri dell'economia della città.
La diffusione dei forni sempre più moderni, l'introduzione della torba e del coke quale combustibile in sostituzione del carbone di legna, il riutilizzo del rottame come materia prima, la diffusione di processi meccanizzati in molte fasi della produzione, misero definitivamente fuori gioco la produzione valsassinese.
Se l'attività estrattiva e siderurgica scompare in Valsassina e nell'alta Val Varrone alla fine dell XIX secolo, la lavorazione del ferro continuerà permettendo addirittura lo sviluppo di centri di produzioni fortemente specializzati (forbici e coltelli) come quello di Premana, un paese di montagna (1000 m. di altitudine) che è il più grande produttore di articoli da taglio in Italia e uno dei maggiori del mondo.