Fu tra i fondatori del nostro Museo, nel 1974, quasi quarant’anni fa, quando l’ebbrezza del boom industriale spingeva tutti a buttare le vecchie cianfrusaglie, simbolo di povertà e stenti ormai superati, e a vuotare gli “spazzacà”. Allora i fondatori del nascente museo (ricordiamo anche Gianola Battista e Codega Antonio) si fecero promotori di un’operazione di recupero che non riguardò solo gli oggetti. Fu l’inizio del recupero della memoria e insieme dell’identità di una comunità. Il seme fu gettato da quei “pochi appassionati, coscienti che, l’attendere ancora, avrebbe significato anche per Premana la scomparsa della stessa memoria storica delle generazioni passate”. Questo si scrisse nella prefazione della guida al museo che fu curata dallo stesso Bellati, dove si legge ancora “Il Museo è nato in ritardo. Fosse nato qualche decennio prima sarebbe stato più ricco, più completo…. il Museo deve ancora essere per tutti il punto di riferimento che serve effettivamente alla valorizzazione di ogni cosa” Oggi il nostro museo è ricco e non solo perchè non riesce a contenere tutti gli oggetti raccolti e donati in quattro decenni. E’ ricco di documenti, di foto, di testimonianze, è ricco sopratutto delle esperienze delle persone che ci hanno lavorato e ci lavorano. Oggi molti appassionati ruotano attorno al museo. Il campo della ricerca si è esteso ai beni immateriali e in particolare al canto corale tradizionale, religioso e non religioso, tutte espressioni di quella cultura immateriale che l’Unesco, nella conferenza generale di Parigi del 2003, ha elevato al pari dei siti patrimonio dell’umanità e degne di essere tutelate e salvaguardate.
L’eredità che ci lascia Bellati è ricca e vivace, se la misuriamo nell’interesse, nella consapevolezza, nell’attenzione su ciò che siamo oggi come risultato della somma di esperienze di chi ci ha preceduto. La memoria, che si temeva un po’ persa perchè “il museo nasceva tardi” non è scomparsa , vive tutti i giorni in una comunità sociale vivace e creativa e in particolare “rivive” in modo totale e corale ogni due anni con Premana rivive L’Antico.
LE COSE CI PARLANO. Così Antonio Bellati intitola la guida alla visita del museo etnografico di Premana. Un titolo che la dice lunga sullo studioso che non è solo storico e ricercatore, ma soprattutto poeta con una particolare sensibilità musicale che ricerca nel suono del dialetto premanese, vero oggetto di interesse delle sue ultime opere: il Dizionario Dialettale Etnografico di Premana e Ol Lorénz di Tramaiin e la Luzìe di Mondèi spuus prometuu. Tra tutte le sue opere vogliamo qui ricordare il monito con cui il Bellati introduce la guida al Museo:
LE COSE CI PARLANO
Basta ascoltarle con orecchio attento, e forse ancor di più con la disposizione del cuore.
Un Museo etnografico, pur modesto e senza pretese,anzi, forse proprio per questo, è in grado di allacciare col visitatore un colloquio continuo e franco, è in grado di sollecitare tanti quesiti, di suggerire risposte.
Qui dentro nulla di ricostruito troverete, tutto è originale. Utensili, vestiti, attrezzi di uso comune, tutti ancora portano i segni dell’uso, di un uso talvolta prolungato nell’arco di generazioni.
Poi il nostro tempo quelle cose le ha messe da parte, le ha confinate nelle soffitte, quando andava bene, chè, altrimenti, finivano nella spazzatura.
Poi sono state riscoperte, riprese, spolverate e, anche se esse non hanno ripreso il loro posto antico ed il loro uso abituale, sono qui per rendere un servizio: a che le ascolta parlano.
No, non sollecitano nostalgie annacquate e superficiali di tempi andati, non narrano di un loro tempo migliore del nostro, non pretendono di aver fatto la storia…
Eppure prima del nostro tempo, della nostra modernità, della nostra tecnica, prima del nostro correre, dei nostri stress, c’erano loro e, con loro, i volti e le mani di quelle tante generazioni che il nostro tempo contribuirono a preparare.
E dunque niente nostalgie! Ma conoscenza si, ma ricordo si, perché, se la storia ancora oggi è maestra di vita, noi, dai sussurri di quelle piccole cose, raccolte nel Museo etnografico di Premana, d’insegnamenti possiamo apprenderne molti.
Antonio Bellati