L’ORSO
Din… din… don… era raro il caso che chiamassero il Parroco alle 2 di notte per malati, perciò Rosa, la domestica, svegliata di soprassalto dal brusco suono del campanello, corse alla finestra sospettando qualche cosa di grosso. “Chi è?”, “oh signora Rosa c’è la Lucia dei Merli a Soglia di sotto che sta male e vengo per il signor curat0”; rispose dalla strada un ometto piccolo e barbuto “la Lucia dei Merli?” interruppe da un’altra finestra la voce di Don Luigi che s’era affacciato lui pure. “vengo subito” e scese in cucina. L’ometto si scusò con la Rosa di non poter accompagnare il curato poi si eclissò…anche la Rosa scese e trovò il prete che allacciava gli scarponi ferrati.. “ per amor del cielo signor curato non s’arrischi così solo di notte… fin là dentro…per quella”. Lo sguardo severo di Don Luigi troncò il discorso…“qua il bastone tornate a letto” la povera donna non replicò verbo, gli diè il bastone e la borsetta degli Olii Santi poi trottò innanzi ad aprire la porta. Voleva almeno suggerigli un consiglio mentre usciva ma non le uscì che un sospiro “oh Signore !” il prete attraversò in fretta il paese assopito…solo un vagito di bimbo rompeva il silenzio, poi si inoltrò nel castagneto oscuro puntando a distanza uguale il bastone e battendo gli scarponi sull’acciottolato con forte rumore di chiodi… non aveva paura…
È la Soglia di sotto un gruppo di baite pastoreggiate ove d’estate alcune famiglie conducevano il bestiame per sfruttare i vasti pascoli comunali. Si trova non lontano dalla sorgente del Varrone che sgorga dalle radici del Pizzo tre Signori, e sfoggia nel lago di Como formando la Valle omonima.
L’ammalata che voleva il prete era una delle persone smarrite nel ritorno della quale don Luigi aveva molto pregato e pianto…ora se la vedeva a ritornare e da buon pastore correva per non lasciarla sfuggire. Non pensò all’imprudenza d’avventurarsi solo di notte tra i boschi e nelle gole; non pensò all’orso che infestava quei luoghi, facendo strage di pecore, pensava solo ad un altro orso che menava rovina tra le anime. Soglia di sotto dava pena al buon curato…vi convenivano i giovinastri più scapestrati e le ragazze senza cervello e si ballava e si ballava e si facevan orge da non dirsi . Quante volte dal pulpito aveva tramato contro quello sconcio, quanto aveva fatto per mettervi il riparo. Ma i giovinastri ghignavano alle ragazze senza cervello, che si lasciavano abbindolare ed i disordini crescevano. Immerso in questi tristi pensieri non lodando alla luna che replicava nella valle le ombre dei dossi, con disegni mostruosi, non sentendo il mesto mal augurio canto di una civetta passò il fondo della valle e s’avviò sulla strada che gli rimoveva. Gli abeti che alla sinistra del Varrone si stendono in dense macchie nere sul fianco del pizzo Dalben parevano celassero un’insidia…ad un tratto il prete s’arrestò sospettoso; aveva udito un rumore “aah” esclamò e prosegui ridendo della sua paura. Era il torrente che dalla val Fraina sbocca nel Varrone portando seco i rumori segreti della valle.
Quando fu in vista dello scaglione che s’innalza sulla strada e fiancheggia una cascata,alzò gli occhi alla cappellina che di li dormiva protettrice la valle; e in quell’atto vide levarsi sulla via un’ombra nera come di bestia rizzata sulle zampe posteriori. “L’orso” gridò il povero prete spaventato puntando innanzi il bastone a difesa e mormorando tremante una giaculatoria. L’orso parlò… “curato” disse con voce cavernosa “sarebbe meglio per lei che fosse l’orso, forse con una benedizione…” “Marco” pregò Don Luigi, che l’aveva riconosciuto. Riprese il giovane “so dove va e per questo l’ho atteso”. Afferrò il prete per le vesti sul petto e continuò truce e lento “se volessi, potrei immergerlo nel guado qui sotto la cascata nessuno più lo ripescherebbe…poi si direbbe che l’orso l’ha divorato”, “Marco” gemette di nuovo il curato. In quel gemito mise tutto lo strazio del cuore, c’era un’ anima che lo chiamava, e doveva strapparla da colui che l’aveva sempre tenuta schiava. “Marco se quell’anima andasse perduta vi tormenterebbe per tutta la vita” quell’orso sentì un frizzo gelato per il sangue: paura dei morti e rallentò la stretta con un grugnito.
“Prendila prete se la vuoi: io non so più che farne…ma giura che non mi tormenterai più con le tue prediche e con le tue scomuniche…giura”. “Lasciami quella donna muore” “Ah…non vuoi dirla la parola! Va… ma se mi tormenti ancora, se parli ancora una volta contro il ballo…vedi se mancasse il Varrone ci sarebbe questa lama” gli fè luccicare sotto gli occhi un coltellaccio e scomparve nel bosco… Il povero curato stette per un momento come smarrito, parevagli di sognare, si sentiva venir meno; non vedeva più nulla; non sentiva più, e grossi goccioloni di sudore freddo gli scendevano sulle gote… si passò ripetutamente il dorso della mano sulla fronte, come per dissipare la nebbia del pensiero; allora una cosa sola brillò alla sua mente “ Lucia dei Merli muore”.
Sostenuto e guidato da quest’idea incominciò a immemorare d’ogni altra cosa, corse ed è presso all’ammalata… fuori, vicino ad uno spiazzo battuto, si spegneva l’ultimo tizzone del falò che aveva illuminato la festa; anche la sera innanzi avevano ballato… non rimaneva che un bruno miserabile strato di cenere; sempre così!.. dopo il fuoco delle passioni ardenti non rimane che cenere di tetraggini e di rimorso ma un fiammella si riavviava da altro fuoco più nobile e più puro.
Lucia dei Merli si era riconciliata con Dio… sopra la cima del Pizzo dei tre Signori biancheggiava l’alba promettente una splendida aurora…la domenica seguente i fedeli videro il loro curato salire sul pulpito pallido pallido, tremante come non mai. E parlò… parlò con veemenza col cuore sul labbro con le lacrime agli occhi contro i disordini…contro il ballo… minacciò i castighi di Dio, pregò, scongiurò, pianse commuovendo tutti al pianto…ma là presso alla porta due occhi di fiera si fissavano su lui. Rivide un gesto tremendo…rivide un luccichio di lama: rivide Marco… alcuni giorni dopo Don Luigi lasciava il paese… Perché?… sulla bocca di tutti correva una sola parola, una parola che Rosa la domestica aveva propagato. “Ha visto l’orso” ma qualcuno sapeva e tacque. Da quel giorno l’orso continuò a menar strage tra le pecore: ma a Soglia di sotto più non si ballò.